venerdì 15 gennaio 2016

Storia della pigrizia e de suo alleato..il bradipo interiore

Questa storia è tratta da un libro rivoluzionario..La saggezza dell'asino del  dott. NORBEKOV. E dedico questo scritto a tutte  le persone che faticano a trovare tempo per curare la propria salute, la propria essenza e trovano il tempo per tutto, per il lavoro, per la noia , per la Tv, ma non per se stesse! Ricordando che il dottor Norbekov cura malattie degenerative e croniche con esercizi fisici e posturali , ridando fiducia al proprio essere umano, risvegliando l'essere umano che si trova in ognuno di noi! Buon cambiamento e buona lettura!




Norbekov definisce la linea di confine fra salute e malattia  dicendo che questa linea è la fede, non in senso religioso, ma fede intesa come fede nella vita, in se stessi e nelle proprie infallibili forze.
Parla di dubbio e dice che il dubbio è come avere un paio di occhi sulla nuca per guardare solo indietro, verso il passato, verso gli insuccessi, verso le sconfitte vissute.
Ad ogni movimento in avanti picchi una nuova testata contro il muro e le esperienze negative affiancate dal dubbio, continuano ad accumularsi e si consolidano sulla coscienza. Questo fa accrescere l'insicurezza riguardo alle tue forze. Ne risulta che gli insuccessi cronici diventano dubbi realizzati. E il dubbio è una forma aggressiva, molto aggressiva, di pigrizia.. Si chiude così un altro cerchio....tu stesso difendi con forza e convinzione  la tua malattia e/o la tua condizione.
Nessuno arriva a dire ..non voglio essere sano, non voglio stare bene!!
Ma è inevitabile notare che i desideri dell'uomo medio sono ...non fare niente, fare il minore sforzo possibile e nello stesso tempo ottenere  in abbondanza ciò che si vuole!

Questa storiella serve da esempio...
Pensa a quando la mattina cammini per strada e ti viene incontro qualcuno che sta facendo jogging.
Come reagisci ? Ti dici: voglio farlo anche io...ma nello stesso tempo affiora anche questo pensiero: L'hai già voluto fare molte volte mio caro, molte volte!
Affinché tu non debba soffrire a lungo, il bradipo interiore fa scendere al volo una cortina di protezione sulla tua coscienza, ti fa appoggiare la testa al suo petto e difende il suo bambino da tutti gli attacchi. Poi ti sussurra all'orecchio: Guarda quello, gli manca qualche rotella, è un malato! Che cosa gli passa per la testa, morirà sano!.
Vuole farsi notare.  Di certo non ha nient'altro da fare, non deve correre a lavorare come me, non ha famiglia, non ha dolori, non ha...e qui aggiungete voi la scusa del bradipo interiore.
Perché?
Cominci a sentirti indietro rispetto a lui, perché ha trovato un'altra mezz'oretta da dedicare a sé.  All'improvviso ti sei reso conto di questo: alcuni ce la fanno, ma io non posso costringermi. Vorrei ma non riesco.
Ti rattristi e provi un senso di colpa nei tuoi confronti.
Per questo vuoi trovare una scusa che ti giustifichi ai tuoi occhi. E allora cosa fai!?
Anche se rileva una minima resistenza, il  bradipo interiore adotta immediatamente la modalità dell'adulazione e comincia a convincerti dolcemente e ad anestetizzare la tua vigilanza: Sei così stanco. Oggi è stata una giornata dura. Giorno prima o giorno dopo ..che differenza fa ? Riposati, e domani affronteremo la cosa con nuove energie...Ti aiuterò io! Intuisci già cosa succederà domani?
La PIGRIZIA È L'ASPIRAZIONE ALLA TRANQUILLITÀ. LA TRANQUILLITÀ ASPIRA AL SUO IDEALE SUPREMO: LA CALMA ASSOLUTA, LA PACE ETERNA. LA PIGRIZIA È LA MORTE IN FORMATO RIDOTTO.
Mascherata da pigrizia,  la morte recide con determinazione tutti i fili che ti hanno legato alla vita.
La morte ti accarezza con la sua mano ossuta e ti culla: non morirai...Gli altri muoiono, ma tu vivrai. E ora riposati. Prendi una pastiglia e dormi: penserà la medicina a tutto.
e cosi la pigrizia ha percorso la tua vita.
Nell'infanzia con i tuoi Non voglio!
Nell'adolescenza con i tuoi ...Lo so da me!
Nella maturità con il tuo orgoglio .
La massa dei pigri la chiama aspirazione al miglioramento del benessere della popolazione. Tutte le invenzioni comode e tecnologiche vengono fatte  solo per soddisfare le esigenze dell'esercito dei pigri.
È grazie a dei pigri geniali che dobbiamo l'' invenzione della macchina e dell'ascensore per esempio...Insomma qualche cosa che ti distrae c'è e ci sarà sempre.
In breve...Non aspettare qualche condizione particolare sfrutta ogni momento a patto di avere un solo obiettivo...la tua salute!
Quando esegui un esercizio fisico..i muscoli dicono: non ce la faccio più!
E la TUA VOLONTÀ ribatte
: DEVI FARCELA, DEVI FARCELA
L'allenamento comincia a diventare utile nel preciso istante in cui ti costringi ad agire, in cui ti obblighi a lasciarti alle spalle i ...non ci riesco.... e i ...non voglio.

La legge della vita è che non si rimane mai fermi nello stesso punto ...o vai avanti o vieni respinto indietro!









lunedì 4 gennaio 2016

W la Resilienza della psiche

In psicologia il termine “resilienza” indica la capacità dell’individuo di superare e di trarre forza da eventi stressanti e traumatici.di Enrico Maria Secci
www.fisicaquantistica.it

E’ un’espressione della duttilità della psiche e del dinamismo della personalità, che spiega come molti individui trasformino situazioni oggettivamente sfavorevoli in occasioni di cambiamento vantaggiose per la propria evoluzione verso la piena realizzazione di sé e della propria felicità. Il concetto di resilienza è mediato dalla scienza dei materiali, per la quale un materiale ad alta resilienza è quello in grado di adattarsi a pesanti sollecitazioni mantenendo la sua forma originaria.

Analogamente, ci sono persone che rispetto a situazioni avverse dimostrano un’elevata soglia di tolleranza alla frustrazione e anzi sanno adottare strategie per ricavarne un vantaggio, e persone “non resilienti” o “scarsamente resilienti” che si lasciano schiacciare dalle difficoltà, partendo dall’idea di non poter cambiare. Queste persone si irrigidiscono su sistemi di convinzioni negative che le atterrano nell’insoddisfazione o in forme più o meno gravi di disagio psicologico.

La resilienza è associata alla perseveranza, alla creatività, all’empatia e al pensiero positivo e si basa sul presupposto che tutto serva. Tutto serve, tutto contiene un messaggio prezioso, tutto rappresenta una possibilità evolutiva, anche se nell’emergenza della sofferenza è difficile individuarla. Gli individui resilienti si pongono rispetto alla realtà in modo attivo: la inventano, la costruiscono, la adattano a sé e, tra i molteplici significati degli eventi, selezionano sempre quello più positivo.

La resilienza non è una caratterista genetica, ma un’opportunità che tutti gli esseri umani possono cogliere lavorando su l’unica variabile che possono veramente controllare: il proprio pensiero. Il resiliente usa tutti i colori della tavolozza del proprio cervello. Il non resiliente, si limita al grigio e al nero: i primi saranno persone serene ed equilibrate, i secondi, alteri guardiani del proprio ergastolo mentale da loro stessi inflitto.

Dagli anni ’80, la resilienza è diventato un concetto-chiave nella psicoterapia, nel coaching professionale e nella psicologia del lavoro: l’intervento psicologico, a prescindere dal contesto che lo richiede, si configura sempre di più come un insieme di strategie, di tattiche e di tecniche per apprendere, incoraggiare e incrementare la resilienza umana. Per sviluppare questo straordinario stile di pensiero, occorre prima di tutto assumere per quanto possibile un atteggiamento aperto e non giudicante rispetto a se stessi, agli altri e al mondo. E’ il passo più difficile, dato che definizioni rigide della realtà rappresentano per molti una barriera contro la sua complessità e un tentativo di controllarla illusoriamente.

Eliminare del tutto pregiudizi e convinzioni limitanti è però utopistico: si può al limite diventarne consapevoli e cercare di arricchire il proprio punto di vista di alternative diverse da quelle offerte dall’abituale approccio alle cose, quello che consideriamo spontaneo ma che è soltanto il frutto di una combinazione di esperienze e di apprendimenti, a volte inconsci, non sempre funzionali. A cosa serve giudicarsi sbagliati, tristi, sfortunati? A cosa serve pensare che un problema sia irrisolvibile? A cosa serve piangere sul latte versato? Qual è l’utilità del pensare che il mondo sia un luogo pieno di insidie? Si tratta di giudizi, di visioni della realtà certamente vere, ma non più di altre di segno opposto che però aprono la strada alla resilienza, alla soluzione strategica e creativa dei problemi e alla costruzione di un equilibrio nuovo.

La resilienza psicologica non è semplice “pensiero positivo”, consiste nell’accompagnare il pensiero positivo all’azione con perseveranza, anche nelle situazioni più complicate. Si può definire resiliente chi apprende dalle difficoltà senza la pretesa di risolvere subito i problemi e chi ha un’elevata soglia di resistenza alle frustrazioni. Soggetti scarsamente resilienti, invece, sono caratterizzati da un certo grado di rigidità e, una volta strutturato uno schema della realtà, rifiutano di variarlo anche quando risulta impedire equilibrio e realizzazione personale. Bassa resilienza è correlata ad elevati livelli di conflittualità interpersonale e sofferenza psicologica, oltre che a scarsa capacità di realizzare le proprie attitudini.